Nuove tendenze HR per il 2025
Cosa sta muovendo il mondo delle risorse umane nel 2025? Abbiamo rivisto le nostre previsioni di inizio anno e le abbiamo arricchite con i trend internazionali che possiamo aspettarci anche da noi.
1) L’ESG è ovunque e potrebbe riguardare anche voi
Queste tre lettere probabilmente fanno già storcere il naso a molti, ma non c’è via d’uscita: le aziende devono affrontare il tema ESG. Perché?
Dal prossimo anno, le aziende con più di 250 dipendenti saranno obbligate a pubblicare informazioni sul proprio funzionamento responsabile. Gli audit diventeranno obbligatori solo dal 2027, ma la raccolta dei dati deve iniziare già da gennaio. E secondo gli esperti, l’obbligo riguarderà anche molte aziende che, pur non essendo soggette per legge ad audit, dovranno comunque presentare i propri report ai partner commerciali che invece rientrano già nell’obbligo ESG.
Cosa significa questo per gli HR? Soprattutto una forte pressione per convincere i dipendenti dell’importanza dell’ESG e delle trasformazioni che le aziende dovranno introdurre. Questo spesso comporterà modifiche ai processi esistenti e la necessità di raccogliere grandi quantità di dati – tutto ciò affrontando anche la resistenza dei dipendenti. Armatevi di pazienza e preparatevi a difendere misure che, probabilmente, non saranno popolari per molto tempo. E se state negoziando il budget del vostro reparto, ricordatevi di includere anche l’ESG.
2) Tecnologia, dati e intelligenza artificiale
La digitalizzazione nelle aziende ceche non è ancora molto avanzata, e ora l’intelligenza artificiale, sempre più presente, entra prepotentemente nel panorama tecnologico. A differenza dell’entusiasmo acritico dell’anno scorso, oggi sappiamo che l’AI non è la panacea di tutti i mali e ha bisogno della supervisione dell’intelligenza umana.
Per i reparti HR, ciò significa imbattersi sempre più spesso in strumenti basati sull’intelligenza artificiale durante l’implementazione di nuove tecnologie. Il trend attuale è però adottare solo quelli che hanno già dimostrato la loro utilità nella pratica.
E in che modo possono essere utili? L’HR gestisce una quantità enorme di dati, e l’AI può essere uno strumento eccellente per trovare correlazioni tra banche dati e prendere decisioni basate sui dati, non sulle sensazioni.
Può aiutare anche con il lavoro sui testi – ad esempio, trasformando comunicazioni interne in vari formati. I più coraggiosi la utilizzano per analizzare i CV, stimare il fit culturale dei candidati nei team, oppure monitorare la soddisfazione (o insoddisfazione) dei dipendenti e contribuire così a ridurre il turnover. E naturalmente è perfetta per compiti ripetitivi come formattare documenti o compilare moduli a partire da tabelle esportate.
Le attività ripetitive possono essere gestite dall’IA al posto vostro.
3) Cultura aziendale e generazione Z
Fortunatamente, non è più necessario discutere sull’importanza della cultura aziendale: la maggior parte delle aziende ne riconosce il valore e ci lavora attivamente. Tuttavia, con il ricambio generazionale, arrivano anche nuove aspettative, abitudini e regole. Con l’arrivo della Gen Z, sembrava che il mercato del lavoro fosse destinato a un vero terremoto.
La realtà?
Millennial e Gen Z rappresentano già oltre la metà della forza lavoro – e nessuna apocalisse si è verificata. Tuttavia, le aziende devono cambiare – in meglio, anche se spesso fanno fatica ad ammetterlo. A differenza delle generazioni precedenti, la Gen Z non tollera evidenti incoerenze, né nei processi né nella cultura aziendale.
Col tempo, gli spigoli si sono smussati, l’allarmismo si è placato e le aziende, insieme ai giovani lavoratori, hanno imparato a convivere. I “zetini” entrano nel mondo del lavoro con molta più umiltà rispetto al passato, e i datori di lavoro sono oggi più disposti ad accogliere le loro esigenze in termini di cultura aziendale e modalità operative.
Cosa significa per l’HR? Fondamentalmente, la necessità di avere solide basi: processi ben strutturati che consentano ai talenti di lavorare al meglio, e comunicazione basata sul dialogo, sulla comprensione e priva di pregiudizi.
4) Focus sui talenti e sul valore
Sta finendo l’epoca in cui la laurea era un requisito imprescindibile per essere assunti. Oggi i datori di lavoro sono sempre più interessati a ciò che una persona ha fatto, cosa sa fare e quale valore porta con sé. Studi dimostrano che nelle aziende dove si assume in base alle competenze (e non solo ai titoli), la retention è più alta del 27%.
Il cambiamento è visibile anche ai vertici: CEO, CFO e COO mostrano sempre più interesse per il potenziale umano e iniziano a vedere le persone come un investimento, non come un costo.
I numeri restano importanti, ma al posto di metriche banali si guarda a un quadro più complesso: dal ritorno sugli investimenti dei singoli team, al livello di competenza individuale, fino alla soddisfazione generale e alla valutazione reale. Perdere una persona valida è costoso – per questo motivo, sapere chi tra i talenti chiave potrebbe andarsene diventa sempre più strategico per il top management.
Cosa deve fare l’HR? Imparare a lavorare seriamente con i modelli di competenze e fare passi avanti nella raccolta di feedback. E soprattutto: scegliere finalmente uno strumento (diverso da Excel) che li supporti davvero.
5) L’HR come partner, non solo lettore di CV
Dai trend sopra elencati è chiaro che le competenze dell’HR vanno ben oltre la lettura dei CV e l’invio di e-mail ai candidati. Con l’espansione delle sue responsabilità, cresce anche il ruolo strategico dell’HR – il che comporta la necessità di più professionisti e budget adeguati.
Le aziende stanno infatti iniziando a capire che la vera fonte di efficienza si trova nelle persone che hanno già al loro interno. L’HR non riguarda solo il recruiting, ma sempre più la gestione dei dipendenti, la comunicazione, la raccolta e analisi dei dati (vedi ESG). E nel recruiting si aprono nuovi orizzonti: persone over 55 o madri che rientrano dalla maternità.
Per molte aziende, sarà la prima volta che chiederanno al reparto HR di elaborare una strategia completa e misurabile. Sarà anche necessario cambiare mentalità e cominciare a considerare l’HR come un vero partner strategico. In caso contrario, un HR inefficace potrebbe diventare un freno per l’intera azienda – anche solo restando inattivo.
Cosa significherà questo per i people manager? Imparare una volta per tutte a lavorare con le basi dei modelli di competenze e fare un grande passo avanti nella raccolta del feedback. E soprattutto – scegliere finalmente una soluzione che li aiuti davvero in questo (a differenza, ad esempio, di Excel).